L’UNESCO ha riconosciuto l’arte dei muretti a secco, come patrimonio immateriale dell’umanità.
L’organizzazione ha dato ieri la notizia tramite il suo profilo Twitter, perché rappresenta la “relazione armoniosa fra l’uomo e la natura”.
Ed effettivamente è così: i muretti a secco sono un patrimonio dell’intero Mediterraneo (la candidatura infatti è stata presentata da 9 paesi del bacino: oltre all’Italia, Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera).
Da sempre caratterizzano il paesaggio di questi paesi: ad esempio da noi in Puglia (che in Italia è stata tra le regioni promotrici della candidatura) in alcune (poche) zone del suo territorio, è stata usata per effettuare i terrazzamenti per rendere coltivabili i terreni caratterizzati da lievi pendii: mentre nel nostro Salento, l’arte dei muretti a secco ha avuto una duplice funzione; la prima, facilmente intuibile, era quella di delimitare i confini dei vari terreni…una volta venuto meno il latifondismo, ognuno dei piccoli proprietari voleva vedere i vari confini in modo da preservare la Sua proprietà così agognata. Per delimitare i confini era necessario un confine molto tangibile e poco fraintendibile: la soluzione migliore era quella di realizzare dei veri e propri muri, ma chiaramente i piccoli proprietari non potevano permettersi di comprare dei conci di tufo o pietra leccese per realizzare questi confini: dunque visto che i terreni, di origine calcarea, erano pieni di pietre più o meno grandi che rendevano anche difficile la coltivazione dei terreni, i nostri avi hanno effettuato una grande opera di pulizia e recupero di materiale “inerte”. Infatti contestualmente all’operazione di raccolta e stoccaggio delle pietre in quelle che nel Salento si chiamano “specchie” (appunto dei grandi ammassi di pietre), si è passati alla realizzazione dei muretti per delimitare i confini. Questo ha comportato un grande lavoro da parte degli uomini di questo territorio. Recuperare le pietre dal terreno, poi spostarle la dove necessarie alla realizzazione del muro, e successivamente lavorarle per renderle idonee alla realizzazione del muro nasconde un grande lavoro, che nel passato è stato svolto interamente con il lavoro fisico dell’uomo, senza l’ausilio di strumenti, se non che del martello necessario a rompere una pietra più grande in pietre più piccole, o lavorare la faccia di una pietra per poterla “incastonare” insieme alle altre. Ho volutamente usato questo questo termine “incastonare” perché si tratta di un lavoro certosino e di grande precisione: non a caso i muretti a secco che caratterizzano il nostro territorio sono ultra centenari, ma ancora in piedi a testimoniare la grande fatica svolta dai nostri avi.
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Dunque, se doveste trovarVi dinanzi ad un muretto a secco qui nel Salento, non lo guardate con approssimazione: fermatevi ad osservare come ogni pietra combacia perfettamente a quella che le si trova affianco; ammirate come il tempo ha cambiato il volto di quelle pietre, che da marroni per la terra sono diventate grigie e nere, per via del muschio che vi si crea e poi secca al di sopra; pensate che fra quelle pietre trovi la propria casa un fauna ed una flora tipici del nostro territorio; e soprattutto accostate il capo e ponete l’orecchio…potreste ancora sentire il rumore dei martelli picchiare sulle pietre e la sofferenza dei nostri avi intrappolata fra quelle stesse pietre.